INTERVENTO DI DON RENZO ZOCCA
Chi mi conosce mi sente parlare spesso di “Legge del villaggio”, ovvero di un’immagine di comunità solidale dove ogni persona è importante non tanto per quello che dà ma per quello che è, e all’interno della quale i legami sono una condizione indispensabile.
Ho sperimentato questa “Legge del villaggio” durante i miei viaggi in Africa intorno agli anni ’80: il modo di vivere nei villaggi era paragonabile a quello vissuto dai nostri nonni in passato.
Ho avuto un’impressione enorme…
Strade polverose, nessun mezzo di trasporto, nessuna istituzione: né asili, né scuole, né posti sanitari, poco cibo… Pur tuttavia, in questa situazione drammatica ho notato una cultura meravigliosa: la “Legge del villaggio”, dove ogni categoria di persone dava e riceveva, anche i bambini e gli anziani, i quali avevano un valore non tanto per quello che “producevano”, ma per quello che “erano”. Ho osservato con interesse come gli anziani fossero “serviti” dalla comunità che ne riconosceva l’importanza in quanto custodi della memoria e della saggezza.
Questa esperienza ha marcato in modo indelebile la mia vita e il mio modo di essere prete, riportandomi anche a quanto avevo vissuto nella mia famiglia, e in modo particolare con mia mamma.
Segue ora un VIDEO, disponibile cliccando QUI.
Io ho avuto la fortuna di vivere queste esperienze in una comunità parrocchiale, ma questa situazione può essere replicata in qualsiasi altro tipo di comunità, purché formata da persone di buona volontà che sappiano leggere i segni dei tempi, i bisogni e le ricchezze del territorio, mettendosi insieme per il vero bene comune.
Quando sono arrivato nella mia nuova parrocchia, ad esempio, due delle prime famiglie che mi hanno accolto avevano ragazzi diversamente abili. Parlando con loro ho scoperto che non era un caso unico ma che, nel quartiere, risiedevano diversi nuclei che avevano dei figli con lo stesso problema. Portando a conoscenza della mia parrocchia il loro isolamento e le loro evidenti difficoltà, la comunità si è quindi messa in crisi e, di fronte a questo problema, non si è voltata dall’altra parte ma ha dato una risposta concreta creando un luogo e delle attività per questi giovani.
È bastato metterli insieme per creare uno spazio che valorizzasse le abilità che possedevano, pur nelle difficoltà, offrendo allo stesso tempo l’opportunità a tante persone di mettere a disposizione per loro il proprio tempo, con tanto amore. Uno di questi ragazzi, ora anziano e rimasto solo al mondo, è stato accolto e vive da vent’anni in una delle nostre case famiglia. Sempre, davanti alle nuove problematiche, quelle dei bambini, degli anziani, dei giovani, abbiamo cercato di interrogarci e sempre, insieme, abbiamo cercato di dare delle risposte. Non sempre, purtroppo, le istituzioni sono state al nostro fianco né hanno colto la ricchezza del servizio offerto dalla comunità per la comunità.
Io sono certo che in ogni territorio ci siano delle criticità ma anche che, nel cuore delle persone, ci siano tante ricchezze e risorse che possono essere donate, dimostrando concretamente, come sostengo sempre, che “un dolore con-diviso è dimezzato ma la gioia con-divisa è raddoppiata” e che “c’è più gioia nel dare che nel ricevere”.
Desidero concludere con delle recenti parole di Papa Francesco espresse durante una delle sue udienze:
«I ragazzi che non interrogano più i sogni dei vecchi, puntando a testa bassa su visioni che non vanno oltre il loro naso, faticheranno a portare il loro presente e a sopportare il loro futuro. Se i nonni ripiegano sulle loro malinconie, i giovani si curveranno ancora di più sul loro smartphone. Lo schermo può anche rimanere acceso, ma la vita si spegne prima del tempo. I vecchi hanno risorse di vita già vissuta alle quali possono ricorrere in ogni momento. Gli anziani sono la radice dell’albero, e i giovani sono come i fiori e i frutti: se non viene il succo della radice mai potranno fiorire. Tutto quello che l’albero ha di fiorito viene da quello che ha di sotterrato, tutto quello che di bello ha una società è in rapporto con la radice degli anziani.
L’anziano non è materiale di scarto ma una benedizione per la società».